Storia dell’autismo – Da Bleuer ai giorni nostri

Una breve storia dell'autismo, senza molti giri di parole. Dalla prima volta in cui si parla di questo disturbo ai giorni nostri.

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La parola “autismo” deriva dal greco “autús” che significa “se stesso”. Questo termine viene utilizzato per la prima volta nel 1908 da Eugen Bleuer, psichiatra svizzero tra i primi sostenitori dalla teoria psicoanalitica, per riferirsi ad una particolare forma di ritiro dal mondo, causata, comunque sempre, dalla schizofrenia. É solamente nel 1943 con Kanner e Asperger che si ha un’analisi più dettagliata e completa della sindrome definendo “autismo precoce infantile” il disturbo. Questa dicitura tutt’ora permane nelle classificazioni più classiche. Nello studio svolto su undici bambini affetti da autismo Kanner delinea delle disfunzioni comuni in tutti questi bambini. La prima è quella dell’incapacità di relazionarsi, nel senso del non interesse di questi bambini ad avere relazioni con il mondo esterno. Il secondo disturbo che Kanner notava nel comportamento di questi bambini è quello di un ossessivo e ansioso desiderio di mantenere lo status quo dell’ambiente e delle routine quotidiane. Il terzo punto comune che Kanner trovò fu quello delle abilità cognitive e mnemoniche molto sviluppate circa ristretti campi di interesse dei bambini. Quasi contemporaneamente, ma comunque in modo indipendente, Asperger nelle sue ricerche studia alcuni bambini che hanno caratteristiche molto simili a quelli descritti da Kanner. Descrisse menomazioni nella comunicazione verbale e non verbale, con caratteristiche specifiche negli aspetti pragmatici del linguaggio, in particolare nelle abilità conversazionali; una prosodia inusuale nella parlata, che concerneva il tono, il volume ed il ritmo; la particolare pedantezza del linguaggio.

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Hans Asperger notò pure alterazioni importanti nella comunicazione e nel controllo delle emozioni, così come la tendenza a razionalizzare i sentimenti. Notò come l’empatia non fosse così matura come ci si potesse aspettare considerando le capacità intellettuali dei bambini. Descrisse inoltre un sotto-gruppo di bambini con la tendenza ad avere problemi di comportamento, ciò che costituiva una delle ragioni principali per le quali questi bambini gli venivano segnalati. La loro comprensione sociale era limitata, avevano difficoltà a farsi degli amici e la tendenza a sentirsi infastiditi. Riscontrava anche una preoccupazione egocentrica per un interesse o una tematica specifica che dominava i loro pensieri, ed i bambini necessitavano, per compiti di autonomia, maggior assistenza di quanto ci si potesse aspettare. Hans Asperger osservò un’importante goffaggine nell’andatura e nella coordinazione ed un’estrema sensibilità di alcuni bambini a suoni o gusti particolari. Non vi sono tracce di uno scambio di informazioni tra i due studiosi e nonostante ciò è chiaro come i due siano arrivati ad effettuare osservazioni molto simili.
Le due osservazioni finiscono per definire due quadri diagnostici molto simili: l’autismo di Kanner e la Sindrome di Asperger. Il primo, grazie alla sua impostazione teorica psicodinamica, diventerà l’approccio teorico prediletto per lo studio dell’autismo.

Dagli anni ’40 in poi l’impostazione psicodinamica diventa la teoria di riferimento per gli studi sull’autismo, in particolare si ritiene che il disturbo sia dovuto ad una alterazione della diade madre-bambino. É con Bettelheim che si ha lo sviluppo di un primo concetto (seppur non provato) eziologico dell’autismo. Esso sviluppa il concetto di “madre frigorifero”, che sosterrebbe la causa dello sviluppo atipico nella sindrome autistica ad un rapporto della madre con il bambino contraddistinto da carenza di contatto fisico, difficoltà nel contatto contatto oculare con il bambino e nel linguaggio. Con il libro “The empty fortress”, Bettelheim apre la strada alla diffusione di una serie di interpretazioni prive di fondamenti scientifici che colpevolizzavano i genitori dei bambini creando in questo modo un’altra occasione di sofferenza emotiva oltre a quella dovuta al disturbo dei propri figli.

Il primo autore a sostenere in modo sistematico l’eziologia di base organica della sindrome autistica è Rimland. Solamente nel 1979 Lorna Wing (che riprese le teorie di Asperger) e Judith Gould svolsero uno studio, volto a stabilire le caratteristiche principali del disturbo autistico. Le autrici trovarono menomazioni qualitative a carico dell’interazione sociale, della comunicazione, dell’attività immaginativa, del pensiero adattivo e delle capacità di gioco, che qualificava il disturbo autistico.
Attraverso questo studio, smentirono anche l’ipotesi sostenuta da Kanner secondo la quale i bambini con autismo presentano sempre un’intelligenza nella norma; esse rilevarono che “ il 60% di bambini affetti da autismo presentava anche gravi difficoltà intellettive, il 25% difficoltà intellettive di grado medio e il 15% un’intelligenza nella norma e/o al di sopra di essa”. A Lorna Wing, va dato anche il merito di aver introdotto il termine continuum autistico, da lei stessa modificato nel 1996 in spettro autistico, con lo scopo di poter includere in tale categoria un maggior numero di casi, anche se la manifestazione nei soggetti differiva per i livelli di gravità.

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