Una tragedia che si poteva prevenire?

E’ di qualche giorno fa la notizia di un genitore di una ragazza disabile che ha ucciso la figlia e successivamente ha tentato il suicidio. La disperazione che può portare un genitore all’uccisione della propria prole è forse quella più grave...

E’ di qualche giorno fa la notizia di un genitore di una ragazza disabile che ha ucciso la figlia e successivamente ha tentato il suicidio. La disperazione che può portare un genitore all’uccisione della propria prole è forse quella più grave. Proviamo però a pensare quali possono essere le cause di un gesto così estremo. Ovviamente, le considerazioni fatte nei paragrafi successivi non vogliono essere in nessun modo una giustificazione ma uno spunto di riflessione su cui si dovrebbe riflettere per evitare, in un futuro, la ripetizione di simili situazioni.

Nella conferenza organizzata da inTandem il 3 Febbraio 2018 si era parlato di Burden del Caregiver., Barbara Montanari ( Psicologa e psicoterapeuta ) nella giornata diceva :

“Molto spesso chi diventa caregiver non sceglie questo ruolo, lo adotta o lo subisce a seconda delle dinamiche sottostanti e antecendenti il sistema famigliare coinvolto. Questo comporta una serie di ripercussioni psicologiche a causa della continua esposizione da parte del caregiver a condizioni stress correlate insite nella relazione di cura e assistenza. L’esposizione prolungata del caregiver a fattori di stress cronici è stata definita come “caregiver burden” (Pillener, Suitor, 1996), termine che esprime il carico fisico, psicologico, sociale e finanziario del caregiver.”

Il Burden del Caregiver, dunque la condizione di sovraccarico di stress che il genitore si è ritrovato ad affrontare potrebbe averlo portato al gesto estremo. Un’altra ipotesi rispetto al motivo di questo gesto potrebbe essere il concetto di Dopodinoi. Come affronterà mia figlia un percorso successivo alla mia morte? Chi si prenderà cura di lei?
Queste sono domande che ogni genitore di una persona con disabilità si pone. Fino a poco tempo fa non vi erano risposte a questi quesiti e le soluzioni erano semplicemente i centri, se disponibili e non ancora pieni. L’angoscia dunque di non sapere come sarà il percorso di vita della figlia dopo la sua morte, potrebbe essere stato l’altra motivazione che lo ha spinto all’uccisione.

Come dicevo all’inizio di questo articolo, queste motivazioni non sono giustificazioni ma spunti sui quali riflettere e perchè no, organizzare delle campagne preventive. Sicuramente l’informazione in questo senso è il primo modo per prevenire e dare delle risposte a questi genitori. inTandem nel suo piccolo lo sta facendo attraverso le conferenze dove l’informazione rispetto alle tematiche più scottanti per i genitori, è una pratica risposta a molte domande. In questa direzione va anche la conferenza di sabato 21 aprile presso la sala Pucci dove si parlerà di #dopodinoi.

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