Dove sono i servizi per persone con disabilità?
Come anche una semplice passeggiata in centro può diventare una triste storia per una persona con disabilità.
Metti che tu voglia uscire, metti che abiti poco fuori dal centro ma comunque distante dai negozi. Considera che l’opzione di arrivare a “piedi“ (in questo caso a ruota) è esclusa. Non hai la macchina tua, escludi anche i mezzi pubblici. Le opzioni che rimangono sarebbero tre ma a Modena, il taxi per disabili ha solo un mezzo che non è in grado di poter caricare una carrozzina elettrica, quindi escludendo il taxi le scelte sono due.
La prima è il servizio trasporti di qualche associazione privata. La seconda è quella di avere una macchina di proprietà attrezzata.
Ovviamente la macchina attrezzata deve essere accessoriata con un genitore in pensione con la voglia di accompagnarti; e se non c’è il genitore? Devi sperare in un amico o comunque qualcuno che abbia voglia di accompagnarti.
Questa sono io, e oggi ho voglia di parlarvi di una mia esperienza rispetto ai trasporti a Modena.
Personalmente dopo anni di liti con le associazioni (contattate solo per trasporti importanti come casa-lavoro quando ancora lavoravo in ufficio o casa-ospedale per visite) ho dovuto comprare la macchina per poter mantenere sanità mentale ed evitare la gastrite. Comprare una macchina è costosissimo, è vero, però facendo due calcoli con i servizi privati (associazioni o taxi/Noleggio con conducente) sarebbero 60 euro andata e ritorno per ogni viaggio… Direi quindi che l’acquisto della macchina rimanga sempre la migliore scelta.
Ma torniamo a noi ed alla nostra uscita.
Con la macchina accessoriata di genitore o amico arriviamo dunque in centro, si cerca un parcheggio, sperando sempre che qualche maleducato non abbia occupato il posto riservato. Mentre sei in centro inizi a girovagare tra i negozi. Buona parte di questi non sono accessibili, altri sì. Non rimane dunque che accontentarsi di quelli che lo sono. Continui la tua passeggiata e ogni 10 metri ci sono adepti che ti fermano offrendoti guarigioni improvvise in cambio di un po di fede o assurdità del genere. Iniziamo bene, ti dici. Ma non è finita, non bastano i religiosi, ora tocca ai civili.
Continui dunque la passeggiata, ti accorgi di essere guardata, ti giri e dietro non c’è nessuno, ti accorgi che stanno guardando proprio te. Ti guardano come se tu fossi il nuovo circo in città e tu non capisci il motivo. Qualcosa sul viso? Una macchia? No, ti guardano giusto per come sei. Questo comunque non spaventa, mi ricordo un giorno a Roma, un gruppo di nipponici ha addirittura voluto fotografarmi…
Dopo gli infiniti sguardi, decidi di tornare a casa.
Giro finito, sopravvissuti. Oooh, finalmente si ritorna a casa, ma cosa succede se si rompe l’elevatore del mezzo?
Inizi a fare chiamate a ripetizione, chiami i vigili, non sanno cosa dire. Chiami il 118, è un servizio di emergenza, loro sapranno ti dici fra te e te. Niente.
Allora inizi a chiamare le associazioni, chiami la prima, ti rimpalla ad un’altra che quando risponde ti dice che non fanno trasporti sociali il giorno X dalle ore Y.
Il tempo passa e tu per la tua patologia non puoi rimanere sulla carrozzina per troppo tempo. Allora inizi ad agitarti. Inizi nuovamente il giro delle telefonate, chiami di nuovo un’associazione che come “favore” viene a prenderti, ovviamente in cambio di una “donazione”.
Finalmente si ritorna a casa e la tristezza ti assale e pensi a quanto poco ci vorrebbe per poter rendere semplici gli imprevisti nelle uscite, per le persone “diversamente omologate” come me, te, noi. Perché se un servizio è accessibile per me, tutto sarà più semplice per te (se hai una disabilità anche temporanea), i tuoi nonni, le tue sorelle o mamme con un passeggino. Non trovi?