Un figlio con disabilità non nuoce alla coppia

Quando una coppia scopre che il proprio figlio ha una disabilità, entrano in gioco molte dinamiche non sempre negative. Un ruolo fondamentale in tutto lo ha il tessuto sociale intorno alla neo-famiglia.

Un figlio è sempre una grande gioia e porta sempre felicità alla coppia: i nove mesi d’attesa, le giornate trascorse tra i negozi per comprare tutine e scarpette e le giornate ad immaginare il suo viso e la sua voce, sono momenti indimenticabili per ogni genitore.

Insomma, l’arrivo di un figlio è un evento che accompagna per la vita. La gioia, la felicità, la soddisfazione che porta l’arrivo di una nuova vita, spesso, crolla e si scontra con la realtà: quel figlio tanto aspettato ha una disabilità.

Cosa accade alla coppia genitoriale nel momento in cui si trova a vivere una situazione così forte? Due, di solito, sono le risposte a questa domanda: la coppia “scoppia” oppure si rinsalda e diventa più forte.

Sono molte le storie che raccontano questa esperienza. Tutte arrivano però ad una conclusione molto chiara:
I genitori di bambini speciali vanno supportati ed accompagnati nel quotidiano. Non si tratta di ammettere una sconfitta, ma di ammettere che di fronte ad una situazione cosi complessa c’è bisogno di un aiuto per farcela.

Come conferma l’associazione A.DE.DI ( associazioni di genitori di bambini ed adulti disabili), queste coppie devono adattarsi al figlio diversamente abile: inizialmente, dopo lo shock occorre aiutare i genitori a sostenersi reciprocamente e a condividere il loro dolore, dando ad esso un tempo e uno spazio in cui poter essere elaborato.

In una seconda fase, che coincide con il superamento dello shock iniziale e, talora, con la comparsa di forti sentimenti di negazione della realtà, occorre aiutare i genitori a costruirsi un’immagine il più possibile realistica del proprio bambino, delle sue risorse e dei suoi limiti.

Si sono riscontrate differenze notevoli tra le coppie con un figlio con patologia rara (presente quindi fin dalla nascita) rispetto a quelle con bimbi con paralisi cerebrale infantile (patologia intervenuta su bimbi nati sani).

Nei genitori con figlio con paralisi cerebrale infantile predomina una modalità di reazione centrata maggiormente sull’emotività e meno sulla razionalità. I genitori di questi bambini, se aiutati precocemente con interventi appropriati, sono capaci di attivare le loro risorse al fine di riorganizzarsi e adattarsi alla nuova realtà, diventando essi stessi la pietra angolare su cui poggiare la rete degli interventi specifici e specialistici.

Ma accade, come spiega la dottoressa Maino che ha condotto una ricerca in merito, che la rottura della coppia in seguito all’avere un figlio disabile dipenda da diversi fattori quali la personalità di ognuno, al grado di soddisfazione del rapporto percepito prima dell’evento traumatico, al supporto trovato in ambito familiare o sociale, ecc.

Dai risultati della sua ricerca ricerca emerge che i genitori con un figlio con sindrome rara hanno un rapporto di coppia piuttosto stabile e supportato da un grado di intimità qualitativamente diverso e addirittura più profondo rispetto ai genitori del campione di controllo.

In particolare emerge una maggiore capacità di esprimere e condividere con il partner valori, difficoltà e sofferenze, associata ad una maggiore capacità di perdono reciproco. Un altro risultato interessante è dato dal fatto che il principale fattore protettivo per la stabilità del rapporto risulta essere la capacità di valorizzare le potenzialità l’uno dell’altra.

Il dottor Massimo Molteni, Neuropsichiatra Infantile, responsabile del settore di ricerca di psicopatologia dell’età evolutiva dell’Istituto Scientifico Eugenio Medea, racconta che i problemi che devono affrontare questi genitori riguardano anche le attività di tutti i giorni come l’inserimento a scuola e le relazioni sociali.

Essere genitori non è semplice, per molti è difficilissimo. Figuriamoci se la coppia genitoriale si trova a crescere un figlio con disabilità. Sarebbe auspicabile che fin dalla nascita del bambino o dal momento in cui si palesa la situazione di disabilità, siano attivati precocemente dei percorsi di aiuto alla famiglia. Perché lasciare che i genitori facciano questo passo da soli?
Rivolgersi a qualcuno non è mai semplice, in una situazione cosi delicata lo è ancora di più.