Li chiamano “Animali da compagnia”- Cos’è la Pet therapy?

Tutti coloro i quali hanno un animale domestico in casa raccontano di come la loro vita sia cambiata in meglio. Guardiamo meglio alcuni aspetti della Pet Therapy.

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Molti animali vengono impiegati nella cosidetta “pet therapy” (chiamata anche Animal Assisted Therapy o Animal Facilitared Therapy), termine con il quale si intende una forma diversa di terapia “dolce” basata sull’interazione uomo/animale. Questo percorso “curativo” spesso si associa a quello medico.
Gli animali impiegati nella pet therapy devono possedere precise qualità fisiche e caratteriali come:
-livello di reattività basso alla presenza di altri animali, persone e agli stimoli soprattutto negativi;
-buona capacità di memoria;
-consequenzialità;
-direzione.

Spesso vengono utilizzati gatti, conigli, criceti, cavalli, uccelli ed addirittura pesci. Il cane di solito è usato per la maggior parte dei casi, perché un animale da compagnia fortemente votato all’instaurazione di un rapporto di mutua dipendenza dal padrone. I conigli ed i roditori sono utilizzabili con i pazienti più piccoli per la loro scarsa aggressività. Osservare i pesci negli acquari porta, invece, alla riduzione del livello di stress e tensione muscolare. Ma anche gli animali da fattoria sono stati impiegati con ottimi risultati.

Fu lo psichiatra Boris Levinson ad enunciare per la prima volta (1960) i benefici della compagnia degli animali. Egli, infatti, constatò che prendersi cura di un animale può calmare l’ansia, può trasmettere calore affettivo ed aiutare a superare lo stress e la depressione. Nel 1997 viene fondata in Australia la Delta Society, con il compito di studiare gli effetti terapeutici legati alla compagnia degli animali.

In questo approccio l’animale è considerato un “acceleratore di relazioni umane”: la presenza di un animale migliore la vita dell’individuo, diminuisce la solitudine e la depressione, addirittura porta l’individuo ad avvertire un forte impulso alla cura di se stesso. L’animale quindi aiuta il soggetto nelle attività quotidiane, regalandogli una ritrovata autonomia.

La pet therapy si rivolge in particolare con : bambini con problemi emotivi e comportamentali, autistici, alcune categorie di anziani e persone con disabilità fisica o psichica. Ma, proprio perché si tratta di un intervento non invasivo e con finalità ludiche per il paziente, può essere esteso ad un gran numero di soggetti con problematiche psico fisiche e/o sociali. In tutti i casi si è riscontrato un miglioramento nell’attenzione ed un incremento nella capacità del controllo del proprio corpo. I pazienti vengono abituati a “parlare” con l’animale e ad esprimere le proprie emozioni.

Tante le storie del “miracolo” della Pet Therapy che arrivano agli onori della cronaca. Come la storia di un bambino inglese affetto da Autismo, la cui storia è stata raccontata dal Daily Mail facendo il giro del mondo. Fraser Booth, come tutti i bambini/adulti autistici, non riusciva a vivere il proprio quotidiano come lo può fare un suo coetaneo. Fraser non ama essere abbracciato. Fraser non indica alla mamma cosa vorrebbe. Fraser non ama giocare insieme agli altri bambini. Fraser può restare per ore da solo in una stanza senza avvertire la necessità di cercare l’altro. Fraser spesso piange quando non riesce a fare ciò che vorrebbe.

I genitori del piccolo Fraser decidono di provare anche la Pet Therapy e si recano insieme a lui in un gattile. E’ qui che conoscono Billy ( nome che gli darà lo stesso Fraser) ed è qui che cambia la vita della famiglia Booth. Inspiegabilmente Fraser diventa un altro bambino. Inizia a sorridere. Inizia a reagire alle situazioni di stress con meno rabbia. Vive la sua condizione di bambino autistico in modo totalmente differente. Ma ciò che colpisce è il legame fortissimo che lo lega al gattino.

Spiega la mamma al giornalista che l’ha incontrata : “ Quando qualcosa turba Fraser, arriva Billy, si side sempre sopra di lui quando lo vede giù. Se mio figlio è in giro o gioca in giardino, il gatto è sempre con lui. E’ come se lo controllasse e cercasse di calmarlo ad ogni suo turbamento, riuscendoci. Billy è sempre nelle vicinanze ed ogni volta che Fraser si arrabbia, sbuca dal nulla e lo rassicura, si coccolano a vicenda”.

E’ come se questo micetto randagio “sappia/ avverta” che Fraser non è un bambino come gli altri e quindi abbia sviluppato un comportamento diverso per poter rispondere alle sue richieste. Billy è riuscito ad entrare in contatto con l’intimo di Fraser. Così come accede in tantissimi altri casi che vedono cavalli adoperati nella Pet therapy, delfini per la ginnastica in acqua con bambini diversamente abili, cani per l’assistenza/sostegno con le persone affette da cecità e così via. L’elenco è infinito.
Ecco perché la pet therapy ottiene risultati così significativi. Ma tanto c’è ancora da fare. Non tutti gli ospedali attivano percorsi di pet therapy, non tutti i centri di riabilitazione adoperano questa tipologia di supporto alla terapia tradizionale.

Ovviamente questo non significa che tutte le persone con autismo avranno gli stessi benefici dalla relazione con l’animale.

Gli animali hanno un linguaggio loro che non sempre riusciamo ad interpretare. Quando però riusciamo, entriamo in sintonia e con loro inizia un sodalizio unico al mondo. L’affetto, l’amore, l’amicizia che può regalare un animale difficilmente lo si riesce a ritrovare in un altro essere umano. Gli animali sono spontanei, non agiscono per secondi fini. Sono attenti alle nostre esigenze, capiscono i nostri stati d’animo e ci supportano quando avvertono che sia necessario.
Occorrerrebbe consigliare la Pet Therapy non solo a chi è ha una disabilità,a chi è affetto da disturbi post traumatici, ma ad ognuno di noi, che siamo i più bisognosi di un percorso di rinascita emotiva.